Non potendo in un singolo articolo spiegare compiutamente tutte le basi di chimica e tossicologia, mi limiterò ad illustrare a grandi linee quali siano gli aspetti più importanti da considerare per quanto riguarda la diffusione e l’eventuale pericolosità di elementi e composti chimici in generale, e in particolare di quelli con cui sono maggiormente fissati gli sciachimisti.
Inoltre darò qualche indicazione di base riguardo la lettura e l'interpretazione delle analisi chimiche di varie tipologie di campioni (terriccio, polvere, acqua e aria).
Chiunque ravvisi degli errori o delle mancanze significative, mi avverta nei commenti e provvederò alle eventuali correzioni: grazie anticipate per la collaborazione.
Cominciamo con un paio di considerazioni generali che, seppur lapalissiane, vanno fatte visto che sono punti sui cui gli sciachimisti insistono spesso, dimostrando così la loro proverbiale sagacia.
Venti, polvere e acqua: questi sconosciuti
Gli sciachimisti sembrano pensare che se un aereo rilascia qualcosa a qualche chilometro di altezza, quel qualcosa ricada giù in perfetta verticale, manco fosse un filo a piombo, e in tempi brevissimi. Proprio non riescono a rendersi conto che con i venti e le correnti che esistono sempre e comunque in quota, è semplicemente assurdo anche solo immaginare una cosa del genere: non per niente durante la guerra del Vietnam gli aerei che spargevano defogliante volavano poco sopra la vegetazione, non per niente gli aerei che spruzzano pesticidi sui campi volano praticamente raso terra.
Già questo basterebbe per smontare ogni loro illazione sul fatto che facendo un’analisi al suolo subito dopo una “irrorazione”, come la chiamano loro, quello che si trova possa proviene dagli aerei che li hanno sorvolati poco prima: qualsiasi cosa venga rilevata proviene certamente da fonti molto più vicine al suolo, cioè suolo stesso, nonché eventuali industrie, aziende agricole, inceneritori, discariche, traffico, impianti di riscaldamento, centrali elettriche e così via.
Seconda considerazione (e vi prego di non ridere se la scrivo, so bene che è un’ovvietà ma agli sciachimisti proprio non entra in testa): la
polvere ambientale è costituita principalmente da frammenti molto minuti che derivano dall’erosione del terreno, cui si possono aggiungere, a seconda delle zone, dosi più o meno elevate di particolato dovuto all’inquinamento.
Insomma, se putacaso nelle analisi portate dagli sciachimisti si trovassero misure anomale di qualcosa (e chiarisco subito che ciò finora non è mai avvenuto), le cause praticamente certe sarebbero una particolare composizione del terreno della zona in questione e/o il “normale” inquinamento: non certo aerei che spruzzano robaccia a chilometri di quota.
Terza considerazione preliminare (e anche questa mi vergogno a farla tanto è palese, ma purtroppo pare che anch’essa sia troppo ostica per l’intelligenza media degli sciachimisti): terriccio (anche sotto forma di polvere), acqua e aria
NON sono la stessa cosa. Quindi è perfettamente inutile (o meglio, è del tutto idiota) prendere i risultati ottenuti da analisi di polvere o di sedimenti o di aria e andarli a confrontare con i limiti ammessi per l’acqua potabile, cosa che invece fanno regolarmente i fissati con le «scie chimiche».
Oddio, da un certo punto di vista si potrebbero anche fare loro i complimenti: evidentemente fanno sempre i confronti con i limiti per l’acqua potabile perché sono gli unici che sono riusciti a trovare in anni e anni di ricerca, che è già un risultato immenso, se confrontato con quello di altre ricerche di materiale che hanno compiuto in ben tre lustri (ancora non sono riusciti a trovare il
fantastico, in tutti i sensi, originale della presunta
“definizione” FAA delle contrail).
E già che sono in argomento, specifico anche un altro paio di cosette riguardo l’acqua potabile, sempre perché anche queste non sembrano essere molto recepite dai soliti noti:
- i limiti stabiliti per legge per l’acqua potabile, NON sono limiti tossici: se il limite per un certo elemento o composto è tot, significa che si possono bere litri di acqua al giorno, tutti i giorni, per tutta la vita, che contenga fino a quel limite, senza avere danni, ma non è che se per una volta si beve acqua che contiene poco più di quel tot si cade a terra praticamente stecchiti. Per subire un avvelenamento immediato è necessario superare, appunto, il limite tossico, che è ben superiore (decine di volte) ai limiti stabiliti per l’acqua potabile;
- non c’è proprio nessuna legge né di natura né tanto meno umana, che obbliga ad esistere, in natura, solo e unicamente acqua potabile, anzi è proprio l’opposto, dato che la stragrande maggioranza dell’acqua esistente al mondo costituisce mari e oceani e non si tratta certo di acqua potabile (sarà frutto di un complotto anche questo?);
- allo stesso modo, non c’è scritto da nessuna parte che la pioggia debba rispettare i limiti imposti per legge all’acqua potabile, e infatti non si usa certo direttamente la pioggia per rifornire gli acquedotti. La pioggia può benissimo superare quei limiti senza che questo provi il complotto sciachimicoso: al massimo prova che esiste l’inquinamento (mai sentito parlare di piogge acide?), oppure prova che esistono forti venti in quota, visto che la sabbia del Sahara può essere trasportata e far piovere (e nevicare) rosso anche a migliaia di chilometri di distanza.
Elementi e composti chimici
Vediamo qui, a grandi linee, quali siano le caratteristiche, la presenza in natura e l’eventuale pericolosità di elementi e composti chimici in generale e di quelli tanto amati dagli sciachimisti in particolare.
Silicio, alluminio e bario: altri perfetti sconosciuti
Come visto nei
Dogmi della Sacra Setta delle Scie Chimiche, secondo gli sciachimisti, nelle loro amate/odiate «scie chimiche» verrebbero sparsi più o meno tutti gli elementi del sistema periodico (e probabilmente anche qualcuno ancora ignoto). Però loro sono particolarmente fissati con alluminio, silicio e bario, sicché ogni tanto ne spunta fuori qualcuno che sbandiera analisi varie riguardo tali elementi, come se il trovarli nell’aria, nell’acqua piovana (e analogamente nella neve), nella polvere oppure nel terreno, costituisse chissà quale stranezza. Naturalmente mi riferisco a quando le mostrano, ’ste benedette analisi, ché la maggior parte delle volte non lo fanno: ad esempio sono anni che i Marcianò Bros parlano e straparlano di fantomatiche analisi fatte nel 2005 dal CNR, ma nessuno che indichi dove trovarle; per non parlare delle mitiche analisi dell’ormai altrettanto mitica agronoma/ricercatrice/professoressa Rosalind Peterson, che in quel di California avrebbe trovato, a suo dire, di tutto e di più, ma ancora una volta delle sue analisi proprio non c’è traccia documentale, neanche pagando (se poi qualcuno finalmente le trovasse sarei molto curioso di vederle, sia quelle CNR, sia quelle della Peterson). A sentire gli sciachimisti, parrebbe che silicio, alluminio e bario, in natura non esistano ma possano solo uscire da qualche misterioso e segretissimo laboratorio gestito da scienziati pazzi e, sempre a sentire loro, sembrerebbe che tali elementi siano pericolosissimi anche in dosi infinitesimali, quasi che parlino di plutonio (se non di
kryptonite). La realtà è che essi sono elementi diffusissimi sia in natura che in numerosissime attività umane, come edilizia ed industria:
- l’argilla, con cui si fabbricano mattoni e laterizi in genere, non è altro che silicato di alluminio idrato (cioè con acqua) e tracce di altri elementi (dipende dal tipo d’argilla);
- la sabbia più comune è composta in gran parte da silice, cioè diossido di silicio (che forma anche il quarzo, altro materiale tanto caro agli sciachimisti);
- il cemento, che è usato nelle costruzioni come legante dei mattoni, insieme alla sabbia, a sua volta si ricava da calcare e argilla, ed è costituito da una miscela di silicati e alluminati di calcio;
- la ceramica, con cui si fabbricano le piastrelle che rivestono pavimenti e pareti degli edifici, è anch’essa composta principalmente da argilla, feldspato (che contiene sempre sia silicio che alluminio), sabbia, quarzo, allumina (cioè ossido di alluminio) e ossido di ferro;
- il vetro è un cristallo amorfo formato da diossido di silicio (sì, ancora lui) fuso;
- il bario si trova (naturalmente e non a causa dell’inquinamento) in certi cibi, e molti suoi composti vengono utilizzati nella fabbricazione dei già citati mattoni e piastrelle, nonché (rimanendo nell’ambito dell’edilizia) pitture, vernici e vetro, ma anche in una marea di altre applicazioni industriali quali la produzione di carta, plastiche, gomme, linoleum, lampade a fluorescenza, resine, olii lubrificanti, batterie, fuochi artificiali e persino nel trattamento delle acque (vedere, ad esempio, sul sito della Solvay);
- l‘alluminio, oltre che contenuto in tutto ciò che ho elencato prima, è diffusissimo per confezionare una moltitudine di oggetti nei più disparati campi (mezzi di trasporto, lattine, pellicole per alimenti, infissi, elettrodomestici, attrezzi da cucina, ecc, ecc, ecc).
In conclusione, tra mattoni, cemento, sabbia, piastrelle, pitture, vernici, vetro, plastiche e quant'altro, noi viviamo in abitazioni costruite (infissi e vetri compresi) principalmente da ossigeno, silicio e alluminio, con l’aggiunta di acqua, calcio e carbonio, nonché una certa quantità di composti di bario, di potassio, di ferro e di sodio. E già che ci sono, ricordo
en passant che anche l’
ossido di titanio (il titanio è un altro elemento che ogni tanto gli sciachimisti tirano in ballo), oltre a non essere tossico, è anch’esso abbondantemente usato, come pigmento bianco, in cemento, vernici e plastiche. Parliamo quindi di elementi che, al contrario di quanto si potrebbe supporre leggendo gli sciachimisti più incalliti, sono comunissimi nelle nostre case e altrettanto comuni sono in natura, là fuori, all’aperto: non c’è infatti da meravigliarsi che i nostri edifici siano composti principalmente proprio dagli elementi che sono maggiormente presenti nella crosta terrestre, dato che proprio da lì ricaviamo (e abbiamo sempre ricavato) tutti i nostri materiali di costruzione. Mostro, per maggior chiarezza e precisione, una tabella dove sono elencati gli elementi più diffusi, con relativa quantità in cui sono
mediamente presenti sulla crosta terrestre, espressa in grammi per tonnellata, cioè
parti per milione (che si abbrevia con
ppm, per chi non conoscesse la nomenclatura, ne spiegherò in dettaglio il significato nei prossimi paragrafi) (
fonte):
| Elemento | Presenza (ppm) |
1 | Ossigeno (O) | 455˙000 |
2 | Silicio (Si) | 272˙000 |
3 | Alluminio (Al) | 83˙000 |
4 | Ferro (Fe) | 62˙000 |
5 | Calcio (Ca) | 46˙600 |
6 | Magnesio (Mg) | 27˙640 |
7 | Sodio (Na) | 22˙700 |
8 | Potassio (K) | 18˙400 |
9 | Titanio (Ti) | 6˙320 |
10 | Idrogeno (H) | 1˙520 |
11 | Fosforo (P) | 1˙120 |
12 | Manganese (Mn) | 1˙060 |
13 | Fluoro (F) | 544 |
14 | Bario (Ba) | 390 |
15 | Stronzio (Sr) | 384 |
16 | Zolfo (S) | 340 |
17 | Carbonio (C) | 180 |
18 | Zirconio (Zr) | 162 |
19 | Vanadio (V) | 136 |
20 | Cloro (Cl) | 126 |
| |
| Elemento | Presenza (ppm) |
21 | Cromo (Cr) | 122 |
22 | Nichel (Ni) | 99 |
23 | Rubidio (Rb) | 78 |
24 | Zinco (Zn) | 76 |
25 | Rame (Cu) | 68 |
26 | Cerio (Ce) | 66 |
27 | Neodimio (Nd) | 40 |
28 | Lantanio (La) | 35 |
29 | Ittrio (Y) | 31 |
30 | Cobalto (Co) | 29 |
31 | Scandio (Sc) | 25 |
32 | Niobio (Nb) | 20 |
33 | Sodio (N) | 19 |
34 | Gallio (Ga) | 19 |
35 | Litio (Li) | 18 |
36 | Piombo (Pb) | 13 |
37 | Praseodimio (Pr) | 9,1 |
38 | Boro (B) | 9,0 |
39 | Torio (Th) | 8,1 |
40 | Samario (Sm) | 7,0 |
|
Silicio e alluminio sono presenti in tali quantità, che lo strato esterno della crosta terrestre continentale, detto volgarmente
suolo, viene addirittura chiamato
SIAL in geologia, nome che deriva dall’unione dei loro simboli chimici: ad essere pignoli, l’ossigeno li batte di gran lunga, però, proprio perché è così mostruosamente abbondante, viene considerato un vero e proprio
outsider. Quindi analizzando terreno, o polvere, o acqua piovana o neve (che cadendo raccolgono la polvere sospesa in aria) la vera stranezza inspiegabile sarebbe non trovarne traccia, di silicio e di alluminio: se non fossi cosciente che per essere uno sciachimista DOC bisogna essere completamente ignoranti in ogni ramo della scienza, chimica e geologia comprese, mi verrebbe da pensare che lo
facciano apposta a cercare elementi che bisogna per forza trovare. E lo stesso si può dire, anche se in misura minore, del bario: non è certo ai livelli di diffusione di silicio e alluminio, però non se la cava affatto male, essendo al 14º posto su 92 elementi chimici presenti naturalmente sul nostro pianeta e in media, nel terreno, se ne trovano 390
ppm. Se a qualcuno sembrasse poca roba, consideri che c’è in giro molto più bario che carbonio (che è al 17º posto con 180
ppm, meno della metà del bario), cioè l’elemento su cui è basata ogni forma di vita del nostro pianeta (vegetali compresi), nonché l’elemento che costituisce, insieme all’idrogeno, tutti i
combustibili fossili (carbone, petrolio e gas naturali). Inoltre va considerato che il bario, essendo usato in parecchi processi industriali, può benissimo far parte del “normale” inquinamento senza tirare in ballo chissà quali
Complottoni Totali e Globali per spiegarne la presenza.
Pericolosità
Stabilito, si spera, che trovare questi elementi nelle analisi ambientali non è affatto strano o misterioso, va indagato se, per caso, si tratti di qualcosa di potenzialmente pericoloso o meno. Tale indagine è assai meno semplice di quanto si potrebbe pensare in quanto si fa presto a dire «quella roba lì è dannosa alla salute»: bella scoperta, tutto può essere considerato in qualche modo dannoso, persino troppa acqua ingerita in troppo poco tempo
diventa mortale. Ma non conta solo la quantità correlata al tempo di assunzione, contano alche molte altre cose, ad esempio il tipo di somministrazione: se si beve un litro d’acqua tutto di un fiato non si muore, ma se invece di berlo quel litro lo si respira tutto di colpo, si annega. Perciò vediamo meglio cosa c’è da considerare, per quanto riguarda la pericolosità o meno di un elemento. Innanzi tutto va precisato lo specifico
composto chimico di cui si parla in quanto anche minime modifiche ne possono alterare drasticamente le caratteristiche fisiche. Tanto per dire, per parecchi elementi chimici esistono le cosiddette
forme allotropiche, cioè un dato elemento chimico può formare materiali con caratteristiche fisiche anche enormemente differenti, in sola dipendenza del diverso tipo di legame che gli atomi di tale elemento instaurano tra loro. Il più famoso esempio in tal senso è quello offerto dal carbonio, che può unirsi a formare
diamante oppure
grafite: entrambi i materiali sono composti unicamente da carbonio praticamente puro ma essi, solo in virtù del diverso legame esistente tra gli atomi, posseggono caratteristiche anche diametralmente opposte tra loro (il diamante è molto trasparente alla luce ed è il più duro materiale conosciuto, mentre la grafite è molto scura ed è usata per fabbricare le mine delle matite proprio per la sua friabilità e scarsa durezza). Detto ciò, immaginate che enormi differenze nelle proprietà si possono ottenere in un materiale cambiandone anche solo uno degli elementi costituenti e/o la sua percentuale. Se è vero che il bario di per sé è velenoso, è anche vero che di bario puro, all’aperto, non se ne può trovare: è troppo reattivo e senza dubbio
reagirebbe almeno con l’ossigeno e/o il vapor acqueo atmosferico, legandosi con essi a formare ossidi di bario e/o idrossido di bario. Infatti, nei laboratori, per mantenere il bario puro bisogna tenerlo immerso nel kerosene o altri idrocarburi liquidi, e anche così non si riesce a conservarlo indefinitamente. È inoltre altrettanto vero che non tutti i composti del bario sono sempre e comunque pericolosi per la salute: lo sono i suoi sali idrosolubili, ma ad esempio il
solfato di bario non è assimilabile e (parlando di persone con lo stomaco sano e non allergiche) lo si può ingerire (sottolineo
ingerire, respirarlo è un’altra cosa) tranquillamente, tanto che viene comunemente usato come mezzo di contrasto in medicina. Similmente l’alluminio viene usato per fabbricare le pentole e le padelle in cui usualmente cuociamo i cibi, nonché per confezionare sia bevande che alimenti (è usato per lattine, fogli di alluminio, attrezzi da cucina, ecc.): quindi di per sé non è pericoloso. Addirittura, uno dei medicinali da banco più usati in assoluto e in tutto il mondo, è il
Maalox i cui principi attivi sono magnesio idrossido e alluminio idrossido, come dice il nome (da Ma Al Ox): credo sia anche l’unico medicinale esistente nel cui
bugiardino, alla voce
CONTROINDICAZIONI si legge
«Nessuna». Naturalmente, se assunto in altre forme e/o in concentrazioni abbastanza alte, anche l’alluminio (ripeto, come tutto quello che esiste in natura) potrebbe essere dannoso. Il silicio, poi, è praticamente innocuo: vale per esso il discorso dell’acqua, cioè può provocare dei problemi alla salute ma solo in quantità veramente molto, ma molto, elevate (come, ad esempio, ritrovarsi la bocca piena di sabbia, che non aiuta certo la respirazione). Altro aspetto importante è il tipo di assunzione: un conto è l’ingestione, un conto l’inalazione, un conto l’assorbimento attraverso la pelle, un conto la penetrazione nel flusso sanguigno attraverso delle ferite e così via. Non per niente i limiti di legge per quanto riguarda le sostanze potenzialmente pericolose sono specifici e molto diversi, non solo a seconda del composto considerato ma anche a seconda che si parli di contaminazione di acqua o di cibo (che vengono ingeriti) oppure di aria (che viene inalata) e via discorrendo. Sempre facendo l’esempio del bario, i limiti in acqua potabile e in aria li trovate indicati
qui (si parla di limiti validi negli USA, non esiste una normativa valida a livello mondiale, a riguardo): da sottolineare che i limiti sono molto diversi a seconda che ci si riferisca all’acqua piuttosto che all’aria. Notate altresì che tali limiti, fissato il mezzo di cui si parla (acqua o aria), variano a seconda del composto di bario considerato: per l’aria si fa riferimento ai suoi composti solubili in acqua (che sono quelli più pericolosi) e al solfato di bario (che è meno pericoloso dei precedenti, e infatti il limite ad esso riferito è
dieci volte maggiore rispetto al limite riferito ai composti solubili in acqua). Come accennato prima, il solfato di bario è innocuo se ingerito, ma respirarlo è diverso. Infine vanno considerate la velocità di assunzione e i tempi di ritenzione da parte dell’organismo. Detta un po’ grossolanamente, uno stesso composto può essere nocivo o meno a seconda di quanto se ne consuma tutto assieme o comunque in tempi relativamente brevi; ma anche in tempi molto lunghi, se esso ha caratteristiche tali da non venir espulso velocemente dal corpo, accumulandosi quindi negli organi. Infatti per certi composti esistono diversi limiti accettabili, uno nel breve periodo e uno nel lungo. Per fare un esempio si può avere per il composto X un limite giornaliero di 10 milligrammi e uno mensile di 100 milligrammi: se per ognuno dei primi dieci giorni se ne assumono 10 milligrammi, non se ne deve più assumere per i successivi venti giorni, per dare il tempo all’organismo di smaltire la quantità accumulata. Insomma, basta guardare il bugiardino di praticamente tutti i medicinali in circolazione per capire il senso del discorso.
Analisi chimiche
Veniamo ora alle analisi chimiche vere e proprie, partendo dal campionamento fino ad arrivare alla loro lettura.
Prelievi
Per effettuare un’analisi, il primo passo è ovviamente raccogliere qualcosa da analizzare, ed è un passo
fondamentale per la validità delle analisi stesse: è necessario effettuare nel modo adeguato i prelievi dei campioni, per evitare contaminazioni accidentali e non per nulla esistono figure professionali apposite per effettuare tali prelievi. Invece, le analisi proposte dagli sciachimisti partono praticamente sempre col piede sbagliato, invalidate ancor prima di essere svolte, per il modo sconosciuto oppure dilettantesco e/o sconclusionato in cui viene eseguito il campionamento: la maggioranza delle volte, non c’è verso di sapere né dove né quando sia stato preso il campione (capita anche che in certi casi lo sciachimista di turno non specifichi neppure
cosa è stato analizzato), figuriamoci il come, da chi e con quali precauzioni. Le rare volte che si vengono a conoscere le modalità di prelievo, c’è da trattenersi la pancia dalle risate, come nel
caso di Bill Nichols che aveva raccolto dell’acqua piovana in barattoli di vetro tenuti sul retro scoperto del suo
pick-up per un mese, oppure nel caso di
beleave che aveva preso dei sedimenti che si erano accumulati in ben
tre anni e mezzo in una fioriera di rame (tra l’altro in una città poco trafficata e industrializzata come Torino). Potete leggere la sua storia su
Luogocomune,
qui, e già che ci siete non perdetevi Antonio Marcianò (alias
Zret) che si atteggia a gran conoscitore della materia ma, quando viene spiegato perché e percome le analisi di Carnicom siano una barzelletta, lui tira dritto e le ripropone come niente fosse successo. I valori trovati da
beleave, se qualcuno se lo stesse chiedendo, non sono per nulla strani o preoccupanti, come spiegherò più avanti.
Scelta delle analisi
Presi i campioni, tocca scegliere il tipo di analisi, cioè cosa cercare di preciso. Chiedendo ad un laboratorio di trovare la quantità di elemento X presente, il chimico va a misurare tutto l’elemento X presente, senza specificare i vari composti di cui faceva parte: quindi non si ha idea se si trattasse di composti pericolosi o meno. Se si chiede di misurare il bario, il laboratorio ti risponde sul bario, ma ciò non significa che sia stato trovato bario puro nei campioni, anzi proprio il contrario, dato che, come ho già spiegato, il bario puro semplicemente non può esistere in natura: è stato trovato bario ma che apparteneva a chissà quali composti. Quali erano tali composti? Boh! Erano composti relativamente innocui oppure potenzialmente pericolosi? Ri-boh!! Erano quantità preoccupanti di composti potenzialmente pericolosi? Ari-boh!!! Insomma, se si vogliono analisi serie bisogna farle sui composti anziché sugli elementi, e quindi bisogna chiederle specificamente, cosa che gli sciachimisti si guardano bene dal fare.
Lettura delle analisi
Quando si parla di materie scientifiche, la prima cosa da fare è mettersi bene d’accordo sulle unità di misura che si usano, altrimenti non si capirebbe di che si parla di preciso. Nel caso di analisi chimiche il risultato viene solitamente espresso in peso dell’elemento trovato per ogni chilogrammo (se si parla di analisi di solidi) o per ogni litro (se si parla di analisi di acqua) o per ogni metro cubo (se si parla di analisi di aria) del materiale analizzato. Il peso dell’elemento raramente viene espresso in grammi (
g), solitamente si usano i milligrammi (
mg, cioè millesimi di grammo) oppure i microgrammi (
µg, cioè millesimi di milligrammo, cioè milionesimi di grammo). Spesso nel caso delle misure nei solidi, il risultato ottenuto è indicato come parti per milione (
ppm) oppure parti per miliardo (
ppb): non c’è da spaventarsi, sono solo delle percentuali espresse, come dice il nome, su una suddivisione del campione per un milione, oppure per un miliardo, invece che su una suddivisione per cento. Quindi, così come nelle percentuali 100 % indica la totalità, in tali casi la totalità sarà indicata rispettivamente come 1˙000˙000
ppm e come 1˙000˙000˙000
ppb. Nella tabella che ho mostrato, scrivere che l’ossigeno compone la crosta terreste per 455˙000
ppm, significa che il 45,5 % della crosta terreste è formata da ossigeno: attenzione, che sto parlando di crosta terrestre, cioè le acque di oceani, mari, laghi, fiumi, paludi, pozzanghere e quant’altro, nonché l’ossigeno dell’atmosfera e del vapor acqueo in essa contenuto, nubi comprese, sono esclusi dal conto (capite meglio, ora, perché ho parlato di vero e proprio
outsider nel caso dell’ossigeno?). Analogamente il silicio contribuisce a formare la crosta terrestre per il 27,2 %, e l’alluminio per l’8,3 %, mica bruscolini. Avremo quindi che sia 1
mg/kg sia 1
g/ton, equivalgono ad 1
ppm (infatti un millesimo di grammo diviso mille grammi ci dà un milionesimo, così come un grammo diviso un milione di grammi), mentre 1
µg/kg equivale a 1
ppb (un milionesimo di grammo diviso mille grammi infatti dà un miliardesimo): naturalmente 1
ppm equivale a 1˙000
ppb e viceversa 1
ppb equivale a 0,001
ppm. Proprio volendo, anche nel caso delle misure in acqua e in aria si può esprimere il risultato in
ppm o
ppb:
- nel caso dell’acqua, un litro pesa un chilogrammo, quindi 1 mg/L equivale a dire 1 ppm, mentre 1 µg/L equivale a 1 ppb
- nel caso dell’aria è più complicato perché non ovunque l’aria ha la stessa composizione, specie per quanto riguarda la presenza di vapor acqueo in essa, ed inoltre, essendo una miscela di gas e vapori, la sua densità dipende fortemente dalla temperatura;
parlando di aria secca a temperatura ambiente (20° C), un metro cubo pesa 1,205 chilogrammi e quindi 1 mg/m3 corrisponde a 0,83 ppm e 1 µg/m3 corrisponde a 0,83 ppb
Nella lettura di un’analisi è fondamentale fare attenzione alle unità utilizzate, perché anche se quelle che ho indicato sono le più diffuse, può capitare ne vengano usate altre (ad esempio
mg/100g che equivale a 10
ppm), ma anche perché spesso nello stesso referto d’analisi non si usa sempre la stessa unità di misura (la quantità di un elemento viene espresso in una data unità, quella di un altro in una diversa): per non creare confusione io parlerò sempre di
ppm, in modo da poter facilmente confrontare i dati numerici. Altra cosa da tenere presente: chiedendo dell’elemento X, il laboratorio lo elenca nelle analisi
anche se praticamente non ne viene trovato. Il
praticamente deriva dal fatto che tutti gli strumenti di analisi hanno dei ben precisi limiti, sicché non riescono a misurare quantità più piccole di un
tot (
tot che sarà diverso, in genere, da elemento a elemento e da composto a composto). Quando nelle analisi si trova scritto:
elemento X < tot
significa che la quantità di quel dato elemento,
sempre che esso sia presente, è minore del limite di misurazione suddetto. Detto in parole povere, il laboratorio con quella scritta intende «Per l’elemento X, quantità più piccole di questo
tot non è possibile misurarle e nelle nostre misure di quell’elemento non ne abbiamo trovato: quindi o X non c’è proprio, oppure ce n’è così poco da non essere misurabile e comunque, a tutti gli effetti pratici, è come se non ci fosse». Per finire, se si fanno analizzare polvere, sedimenti o filtri, le quantità trovate vanno confrontate con la tabella sulla quantità media di presenza degli elementi nella crosta terrestre che ho riportato prima, perché sempre di polvere raccolta si tratta. Se e quando se ne trovassero quantità decisamente superiori a quelle indicate (e con
decisamente si intende
almeno il doppio), non è comunque ancora il caso di strapparsi le vesti dalla disperazione: visto che quelli sono
valori medi, bisogna andare a verificare quali siano i valori precisi di riferimento della zona in cui è stato fatto il prelievo, che possono essere anche di molto maggiori di quelli medi. Se ancora il risultato non torna, allora si devono andare a controllare le attività inquinanti presenti in zona: gli scarichi di aerei che volano a chilometri di quota sono proprio l’ultimissima delle fonti da prendere in considerazione. Vista la preoccupante mancanza del seppur minimo buon senso da parte degli sciachimisti, a loro beneficio preciso ulteriormente l’ultimo punto. Se si prende un
sedimento accumulatosi nel tempo di sostanze portate dalla pioggia, i contenuti di quel sedimento vanno confrontati con la famosa tabella valida per la crosta terrestre, perché è di quello che si tratta: polvere fatta precipitare dalla pioggia. Se si desidera sapere la concentrazione di un elemento nella pioggia, bisogna saper indicare quanti litri di pioggia hanno portato quei sedimenti e fare il rapporto tra
quantità totale dell’elemento (
NON percentuale, quindi il peso vero e proprio e
NON i ppm o i ppb) e
quantità totale dell’acqua che lo conteneva: solo a questo punto si può fare il raffronto coi limiti per l’acqua potabile, che infatti sono usualmente espressi in
mg/L (o
µg/L), anche se è del tutto inutile farlo, dato che, come spiegato, non si capisce perché la pioggia dovrebbe rispettare quei limiti, ma tant’è... Nel caso torinese accennato prima, quindi,
beleave avrebbe dovuto misurare quanti litri di pioggia erano caduti nella sua fioriera in tre anni e mezzo per sapere il vero contenuto della pioggia, e solo dopo fare il raffronto con i limiti per l’acqua: avendo invece a disposizione solo l’analisi dei sedimenti, l’unica cosa che poteva e doveva fare era confrontare i risultati con il contenuto degli elementi nella crosta terrestre. Tale confronto ci dice che i contenuti di quei sedimenti sono pienamente compatibili con quelli che ci si aspetta di trovare
in media:
- ALLUMINIO trovati 24˙600 ppm da confrontare con gli 83˙000 mediamente attesi
- BARIO trovati 475 ppm da confrontare con i 390 mediamente attesi
Allo stesso modo, quando si mostrano delle analisi, si deve specificare se le quantità misurate sono riferite al sedimento oppure alla totalità del campione di pioggia, visto che quello che fanno i laboratori per analizzare l’acqua, è appunto far evaporare l’acqua stessa dal campione per poi analizzare i sedimenti rimasti. Analogamente, se si vuole analizzare l’aria si raccoglie
polvere per un certo periodo tramite appositi filtri applicati a degli aspiratori: se si analizza il contenuto dei filtri, ancora una volta il paragone va fatto con la solita tabella riferita al terreno perché si sta parlando di polvere, mentre se si vuole dare la misurazione del contenuto per l’aria si deve fare esattamente come per l’acqua, cioè dividere la quantità
totale trovata di un elemento per i metri cubi dell’aria aspirata che la conteneva. Solo dopo si può fare il raffronto con i limiti imposti per legge per l’aria (che infatti sono usualmente espressi in
mg/m3) e nei posti di lavoro a rischio (e non in ogni punto dell’atmosfera terrestre): se proprio si vuole perdere un po’ di tempo, ovvio, ché anche in questo caso un tale confronto non significa niente di preciso, esattamente come non significava niente di preciso nel caso dell’acqua. Adesso che ho reso disponibile almeno un’infarinatura della faccenda, giusto per farne capire le linee essenziali a chi non mastica la materia, nonché esplicitato la lista di errori che di solito commettono gli sciachimisti, non resta che fare qualche esempio pratico di
sciemica, cioè la chimica
sciemoizzata secondo i dettami degli ineffabili Marcianò Bros e loro adoranti seguaci.